Dal Surrealismo la storia della fotografia è attraversata da immagini irreali e inquietanti che si legano all'inconscio e al notturno. Sono la testimonianza di un accostarsi al mondo dell'ignoto e del rimosso, pieno di ombre e di misteri. Da qui scaturisce un racconto sulle vicende dell'invisibile e dell'impensabile che, alla fine del xx secolo, non riguarda più solo la condizione interiore e psicologica, ma le vicende insensate e tragiche del vivere sociale e pubblico. Alla dimensione metafisica e surreale si affianca quindi una fotografia che documenta le malattie e le guerre, le tragedie e le violenze che evidenziano più un'ossessione di morte che di vita. Sono immagini controverse e angoscianti scaturite dal reale orrifico e crudele che coinvolge la società dall'individuo alla famiglia. Testimonianza di un fotografare crudele e maledetto che aspira a rifiutare la sua funzione di decoro e di superficialità per raccontare il non detto e il male detto dai media, così da affrontare un reale proibito che sconvolge e mette in crisi, come qualsiasi rivelazione di un tabù, il pensare comune. Fotografia maledetta e non nasce dall'interesse e dallo studio più che trentennale di Germano Celant per le polarità opposte di un produrre immagini che rivelano le situazioni sia piacevoli sia orrende del vivere, privilegiando l'aspetto fotografico che, con un'attitudine distaccata ma fortemente personale, si è impegnato a raccontare la tragicità e l'assurdità di un mondo, umano e sociale, sventrato e in rovina. Il volume è costituito da venticinque saggi, redatti dal 1974 al 2010, sui maggiori protagonisti della storia della fotografia.