Bobby, Luca, Il Santo e l’io narrante sono ragazzi di sedici, diciassette anni: figli di una borghesia media e cattolica, sono cresciuti con i vincoli di un’educazione improntata a un decoro morale solido sulle basi della convenzione e della fede.
Nella rigida distinzione tra bene e male, identificano se stessi come “le persone normali”, divisi tra parrocchia, volontariato, verginità e buoni sentimenti, e “gli altri”, quelli che vivono nella parte buia, che hanno possibilità economiche, socialità, nessuna inibizione, sono liberi e trasgressivi. Noi e gli altri: sicurezze quasi dogmatiche.
“Sono stato educato ad un'ostinata resistenza, che considera la vita un obbligo nobile, da assolvere in dignità e pienezza. Mi hanno dato forza e carattere, per questo, e l'eredità di ogni loro tristezza, perché ne facessi tesoro”.
Cuori piccoli, pieni di illusioni, non si rendono conto di essere anche loro alla ricerca di un senso, di uno squarcio nel velo dell’apparenza e della convinzione che si aggrappa a Dio per avere certezze.
Cercano una rivelazione, un senso di verità che percepiscono non appartenere alle loro vite.
Come i discepoli a Emmaus, vanno avanti ignari, “al fianco di amici e amori che non riconosciamo” riempiti di parole di cui non capiscono il reale significato.
Lo troveranno in Andre, che è bella, spregiudicata, pervasa dal dolore di chi è venuta alle mani con la follia, o con il senso più profondo della vita, e ha sconfinato nella morte.
Andre è una peccatrice ai loro occhi, una Maddalena, una Eva tentatrice, che li rivela a se stessi, nudi di fronte alle loro debolezze, di fronte alla possibilità, e alla seduzione, del vuoto.
L’incontro con Andre li fa uscire dalla palude di normalità in cui hanno vissuto, fatta di censure e di dolori da tenere repressi. Superare il confine tra il bene e il male vuol dire riconoscere la realtà di se stessi, dei propri genitori e delle loro medesime angosce taciute.
Vuol dire iniziare a vedere laicamente la vita nei suoi chiaroscuri, in un misto di smarrimento e ebbrezza che è alla base di ogni dubbio, e permette di alzare lo sguardo e guardare oltre il muro di cinta della propria mente.
“nell'assenza di senso, il mondo pur tuttavia accade, e in quell'acrobazia di esistere senza coordinate c'è una bellezza, perfino una nobiltà, talvolta, che noi non sappiamo -come una possibilità di eroismo a cui non abbiamo mai pensato, l'eroismo di una qualche verità”.
Prendendo l’avvio da una parabola dei Vangeli, Alessandro Baricco firma un breve romanzo di formazione che è una profonda riflessione sulla vita: fatta di spigoli, piena di nebbia, e a tratti incomprensibile. Viviamo nella consapevolezza di non avere tutte le certezze, di non poter mai arrivare dritti al cuore delle cose: ma solo sconfinando fuori dalle barriere delle nostre convinzioni, liberandoci di tutte le vere o presunte verità, intercettiamo nell’oscurità quei fortunati squarci di luce che sono rivelazione.
“Ci sarà forse un gesto che ci farà capire. Ma per adesso, noi viviamo, tutti”.
Recensione di Francesca Cingoli
