Con Belladonna Annalena McAfee indaga l’universo di eccessi dell’arte e lo fa con una protagonista, artista di successo, che ripercorre le tappe della sua vita.
La protagonista di Belladonna, Eve Laing, ha raggiunto l’apice in più aspetti della vita.
Eppure cadere giù è un attimo.
Belladonna prende il nome dall’omonima pianta usata in farmacologia ma che ha storicamente effetti letali. Gli effetti letali delle piante sono anche al centro di uno dei lavori artistici più importanti di Eve Laing, l’imponente progetti Poison Florilegium: sette pannelli di sette colori che rappresentano i sette fiori più letali.
L’universo di Belladonna sembra coincidere con la storia personale di Eve, sicura di sé, del proprio talento, della propria potenza.
Pian piano tutto inizia a crollare quando tante piccole tessere di mosaico si spostano: prima il nuovo assistente di Eve, del quale la donna diventa amante mettendo a rischio la sicurezza economica e famigliare; poi segreti dal passato che diventano scandalo pubblico facendo riaffiorare invidie mai sopite e antiche rivalità.
Da storia personale, Belladonna si fa ritratto generazionale specifico dell’universo artistico degli anni ‘70 sulla scena artistica newyorkese di Warho. Tra arte, genio, sregolatezza e pulsione alla distruzione, si dipana la trama di Belladonna, a cavallo tra thriller e romanzo psicologico.
Belladonna si gioca su riflessioni quali cosa sia realmente il genio artistico, se per realizzare grandi opere sia necessario essere grandi persone. Un gioco di dualità, come la Belladonna insegna: un fiore bellissimo ma letale.
Recensione di Stefania C.