Come spiega Gianluca Marziani: "Due artisti, due personali ogni tre mesi: da una parte la pittura, dall'altra la fotografia. Un viaggio figurativo che è una sfida estetica tra linguaggi, tematiche e formule concettuali". Da una parte Gabriele Simei dialoga fluidamente con i materiali e la loro indole aperta. Parla in modo diretto, ma complesso, agli elementi fisici che diventano ingredienti elettivi della scultura. Nel farlo stabilisce una conversazione privilegiata tra il suo modus operandi e la radice plasmabile del metallo, del legno, del plexiglas... il colloquio che ne scaturisce indica un'attitudine alla manualità demiurgica, al rito plastico del modellare la base primordiale di una materia. Dall'altra Francesco Patriarca, il quale nasconde un processo artistico estremamente coerente ed unitario. Le singole opere agiscono, infatti, come tessere sagomate di un grande puzzle, che è l'artista stesso, la sua coscienza biografica, il suo universo di riferimenti metabolici. Dipingere su svariate superfici con tecniche diseguali significa proprio ricomporre una visione, organizzando l'impianto dello sguardo, la radice della molteplicità, l'imprinting della forma. Stesso discorso per i temi che l'artista affronta: sono cicli con una propria cronistoria, autonomi tra loro, eppure collegati da un identico sguardo metabolico, da un'attitudine che unisce contesti, visuali, interpretazioni.