L'origine di Parchi archeologici urbani e l'impatto che questi siti ebbero sul tessuto edilizio e urbanistico di cinque importanti città italiane (Verona, Brescia, Roma, Benevento e Catania) sono i temi comuni ai saggi raccolti in questo volume. Da queste ricerche emerge un quadro complesso dove l'archeologia, pur dichiarando di perseguire altri scopi, è parte di ambiziosi programmi di risanamento e ridisegno dei centri storici. Dall'Ottocento, nel clima degli studi eruditi locali e del recupero delle memorie patrie, e più tardi negli anni del Bimillenario Augusteo (1937-38) dove l'"uso pubblico della storia", com'è noto, mutò l'archeologia in urbanistica, la formazione di questi recinti della memoria impose - facendolo sopravanzare nel panorama della città moderna - l'ordito di topografie e viabilità antiche, perlopiù estinte. Per l'intrinseca natura dei ritrovamenti, quelle escursioni nel passato produssero profonde e casuali lacerazioni nel tessuto stratificato della città, con effetti di estraniamento degli stessi monumenti che si volevano valorizzare. Monumenti che, per questo rinnovato mandato simbolico, furono oggetto di radicali restauri ricostruttivi. Sebbene modelli di un'archeologia ormai superata, questi spazi sono divenuti luoghi preziosi. È accaduto non solo per l'indubbio fascino che esercitano ma, più di tutto, per le relazioni che hanno istituito con il paesaggio della città esistente.