Un omaggio a Renato Zero e al suo pensiero, al suo modo di essere schietto e sincero, senza ipocrisie, vestito in tutti i modi possibili e allo stesso tempo nudo sul palcoscenico: lui e la sua musica. Lui e il suo popolo. Lui e le sue idee: perché resta sempre uno che viene dalla strada, dalla Roma di borgata; sognare il sogno più grande, Fonopoli, con tutta la forza che ha perché «con questi ragazzi qualcuno deve tornare a dialogarci»; non avere paura di sentirsi imperfetto, non avere paura di essere grandi anche quando gli altri sgranano gli occhi e ti guardano come un diverso, perché dal tuo modo di porti sono affascinati. Passando attraverso le immagini inedite di Gianni Volpi, scritto in punta di penna, un affresco chiassoso dello zeropensiero, come chiassosi sono stati a lungo i suoi costumi di scena, per restituire tutti i colori che questo mostro sacro della canzone italiana riesce a trasmettere, anche quando si presenta da solo, la sua voce e un occhio di bue sul buio del palcoscenico, e una sobria giacca nera addosso.