Cerano e i Procaccini, Genovesino e i Nuvolone, e altri ancora, sono i protagonisti di questo libro che raccoglie e aggiorna sensibilmente una serie di contributi scalati nell'arco di un trentennio: l'ombelico è Cremona con il suo territorio. Si incontrano opere diventate invisibili pur essendo sotto gli occhi di tutti, altre di raccolte pubbliche e private, altre ancora scovate in chiese di campagna quasi sempre chiuse: una tela dell'ultimo Genovesino, l'unico quadro di Giuseppe Caletti nella terra d'origine, una pala di Camillo Procaccini già in San Domenico. Non solo Cremona: c'è una proposta per Cerano scultore e la rara iconografia di una teletta del cappuccino Paolo Piazza, forse dipinta a Praga per Rodolfo II. Un dipinto farnesiano del Malosso è in relazione con un madrigale di Giovan Battista Marino, mentre emerge, a Milano, la figura del poeta veneziano Giovanni Soranzo, che dedica sonetti a Giulio Cesare Procaccini e ai quadroni della Vita del Beato Carlo Borromeo in Duomo, e lascia una descrizione visionaria dell'orologio del Torrazzo di Cremona. Poi affondi, tra la Bassa e l'Europa, nel saggio che dà il titolo al libro, con una tela del Genovesino eseguita per il castellano di Cremona don Alvaro de Quiñones. Il soggetto, Zenobia regina di Palmira, è ripreso da un dramma storico del campione del Siglo de Oro, Pedro Calderón de la Barca, che aveva combattuto con onore agli ordini del Quiñones nella guerra di Catalogna.