«Ahimè nell'universo / Non ha luogo la morte, ora ben vedo» leggiamo nel Tradimento. Se anche l'ultimo presidio vacilla, l'odiosa vita si rivela, ancor più nitidamente, «una furiosa persecuzione» e l'anima è condannata a vivere «Alla mercé di casuali incontri, / D'elementi, di termini, di segni». Tutto precipita dunque «nell'atroce indifferenza, nell'informe squallore quotidiano, in pene abiette, sordide, condannate a perdersi senza frutto» (Citati). Come Viola di morte (1972), anche Il tradimento sembra scaturire dal furore e dalla rabbia, quasi che scrivere colmasse in Landolfi – sono ancora parole di Citati – «una tremenda voragine esistenziale, che torna a riaprirsi alla fine di ogni poesia, più angosciosa di prima». La raccolta poetica che dischiude il volto definitivo di Landolfi.