Da oggetto di studio di epistemologi, storici e sociologi della scienza, i ricercatori devono trasformarsi in soggetti critici che esprimono il punto di vista degli addetti ai lavori, artigiani della scienza e cittadini. Malgrado l'origine quasi religiosa della vocazione scientifica, lo scienziato non appartiene a una razza speciale e il suo è, almeno in parte, un lavoro come un altro, anche se può implicare responsabilità eccezionali. Potrà più facilmente sostenerle se si renderà conto che i sacri metodi delle scienze "esatte" non sono poi così diversi da quelli delle scienze umane. Al tradizionale tema di discussione sul rapporto tra scienza e conoscenza dovrà allora affiancare un'approfondita riflessione su scienza e comunicazione, scienza e tecnologia, e soprattutto scienza e democrazia. Argomenti cruciali in un periodo di crisi, non solo economica, che l'autore, ricercatore di fisica della materia, affronta in queste pagine. Il libro non intende infatti "divulgare" le teorie di uno specifico ambito della scienza o un particolare problema scientifico, bensì provare a spiegare che cos'è la scienza e, soprattutto, in che cosa consiste il lavoro dello scienziato e la sua rilevanza sociale effettiva, non quella percepita sull'onda di emozioni suscitate dal sensazionalismo mediatico. Le parole chiave non sono dunque "mistero", "fascino", "stupore", "neutrini" e "bosone di Higgs", che pure il lettore troverà di frequente, bensì "conoscenza", "mondo", "metodo", "storia", "prassi", "professione", "rapporti umani", "responsabilità". La riflessione condotta dall'autore non si colloca sull'orlo della scienza, ma al suo interno e anche oltre. La sua speranza è che, alla fine, l'idea di scienza resa così accessibile ai non addetti ai lavori sia un po' più vicina alla realtà di quanto non sia, mediamente, oggi. Senza per questo essere meno affascinante, anzi.