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rumiz paolo - come cavalli che dormono in piedi

COME CAVALLI CHE DORMONO IN PIEDI




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Dettagli

Genere:Libro
Lingua: Italiano
Editore:

Feltrinelli

Pubblicazione: 11/2014





Descrizione

Paolo Rumiz ci racconta la Grande guerra come un viaggio dentro la memoria, dentro una memoria difficile da mantenere accesa, e tuttavia presente insieme al tormento onirico di una civiltà che invece di frantumarsi mescola e rimescola le lingue e le vite.




Trama

Nell'agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l'Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che "prima che le foglie cadano" il conflitto sarà finito. Invece non finisce. E quando come un'epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell'oblio, schiacciato dall'epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria. Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell'Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina. Alla celebrazione Rumiz contrappone l'evocazione di quelle figure ancestrali, in un'omerica discesa nell'Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà - la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli. L'Europa è lì, sembra suggerire l'autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un'unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.




Note Editore

Questo è il racconto di un viaggio in treno, anzi di molti viaggi in treno. Il narratore parte per la Galizia: che prima nel 1914 e poi nel 1915 fu teatro di pesantissimi combattimenti fra russi e austro-ungarici. Lì scorre il primo sangue della Grande guerra. Lì il narratore raccoglie le prime voci, le voci che vengono dalle piccole luci dei cimiteri polacchi dove le tombe si lucidano sino a farle brillare. E quelle voci si sommano alle altre che progressivamente Rumiz raccoglie: i tedeschi, gli italiani, gli austriaci sembrano parlare la stessa lingua della morte subita. E quei cimiteri si rivelano abitazioni create per l'eterno. Sul treno che lo riporta in Italia dalla Polonia il narratore fatalmente smarrisce il quaderno degli appunti. Quella perdita gli stringe il petto come una morte. Vi legge con nettezza il rischio della perdita della memoria storica che è di fatto il segno più luttuoso a cui noi fragili umani siamo esposti. Per fortuna arrivano come benedizione i nuovi racconti orali, l'aprirsi delle cassapanche dove le famiglie tengono come preziosi cimeli i diari, gli appunti, le cartoline, gli effetti personali di chi non è più. Da quei racconti la memoria risospinge il racconto in Russia, in Ucraina, a Leopoli, là dove si destano le rimembranze di alpini passati dalla guerra alla rivoluzione leninista. La lenta tradotta su cui viaggia il narratore accoglie fantasmi di soldati: i fantasmi dei vivi si accompagnano a quelli dei morti e il viaggio finisce a Redipuglia, dove di nuovo si accendono i lumi davanti ai nomi dei soldati, come in Polonia.




Prefazione

"Fu allora che vidi accendersi le fiammelle. Non in cielo, che restava buio a parte qualche lampo lontano. Era la terra selvaggia che ardeva per decine di chilometri. Vi lessi nitidamente bivacchi di soldati, lampade a olio alle finestre e alle cappelle dei crocicchi, candelabri di Hanukkah, sfiati di piccoli pozzi petroliferi, fuochi fatui, lampioni, miasmi di cimiteri, roghi di foglie secche. Nel fango, tra i villaggi, lucciole – o uomini, non so – vagavano disegnando strani segni zodiacali, stelle di un emisfero sconosciuto."
"Ma quella notte cambiava qualcosa. Stavolta erano proprio i ragazzi di Redipuglia a dirmi: 'Vai, nei giorni dei morti vai da chi non ha tomba. Vai dagli innominati, dai dimenticati dalla storia'. Erano gli italiani a chiedermi di prendere quella strada, scavalcare Alpi e Carpazi per cercare la mia gente."




Autore

Paolo Rumiz è giornalista de "la Repubblica" e "Il Piccolo" di Trieste. Con Feltrinelli ha pubblicato La secessione leggera (2001), Tre uomini in bicicletta (con Francesco Altan; 2002), È Oriente (2003), La leggenda dei monti naviganti (2007), Annibale (2008), L'Italia in seconda classe. Con i disegni di Altan e una Premessa del misterioso 740 (2009), La cotogna di Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna (2010), Il bene ostinato (2011), la riedizione di Maschere per un massacro. Quello che non abbiamo voluto sapere della guerra in Jugoslavia (2011), Trans Europa Express (2012) e Morimondo (2013).










Altre Informazioni

ISBN:

9788807031045

Condizione: Nuovo
Collana: I NARRATORI
Dimensioni: 221 x 22 x 143 mm
Formato: Brossura
Pagine Arabe: 272


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