Chi è oggi un italiano? Solo chi nasce da genitori italiani o anche chi nel nostro paese vive, frequenta la scuola e cresce respirandone sin dall'infanzia cultura e tradizione? Un libro di stringente attualità, che racconta chi sono i nuovi italiani, ragazzi e ragazze con la pelle scura, gli occhi a mandorla, il velo in testa: ragazzi che spesso vengono giudicati solo per l'aspetto fisico, ma parlano l'italiano – e i dialetti – meglio di tanti loro coetanei. In Non chiamatemi straniero c'è la voglia di emergere, la tenacia e l'ottimismo di ragazze come Anwal, di famiglia pachistana, cresciuta a Reggio Emilia, fedele al velo islamico a dispetto di ogni diffidenza, che si è iscritta con molti sacrifici e superando tanti ostacoli a Medicina. C'è il disincanto di chi in Italia continua a sentirsi un estraneo, come molti giovani della comunità cinese di Prato, che respingono qualsiasi prospettiva di integrazione: «Gli italiani li vedo a scuola, per le strade: io dalla mia parte, loro dalla loro». O al contrario c'è il fiero senso di appartenenza alla nostra nazione di Christian, arrivato nella stessa città toscana dal Pakistan: «Chiedimi cosa sono e ti risponderò in un modo solo: sono italiano». E c'è chi sdegnosamente contesta qualsiasi «etichetta»: «Non ho mai migrato, sono nata in Italia, per cui mi sento italiana» afferma in una lettera diventata famosa la giovanissima Laamia, genitori marocchini. A dominare, però, è la delusione per una realtà che troppe volte ha sbattuto loro le porte in faccia, il senso di una identità sospesa, incerta, «in bilico», come il futuro di questi ragazzi, su cui gravano i ritardi e le incongruenze della legislazione.