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strout elizabeth - mi chiamo lucy barton

MI CHIAMO LUCY BARTON




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Dettagli

Genere:Libro
Lingua: Italiano
Editore:

Einaudi

Pubblicazione: 05/2016





Trama

Da tre settimane costretta in ospedale per le complicazioni post-operatorie di una banale appendicite, proprio quando il senso di solitudine e isolamento si fanno insostenibili, una donna vede comparire al suo capezzale il viso tanto noto quanto inaspettato della madre, che non incontra da anni. Per arrivare da lei è partita dalla minuscola cittadina rurale di Amgash, nell'Illinois, e con il primo aereo della sua vita ha attraversato le mille miglia che la separano da New York. Alla donna basta sentire quel vezzeggiativo antico, "ciao, Bestiolina", perché ogni tensione le si sciolga in petto. Non vuole altro che continuare ad ascoltare quella voce, timida ma inderogabile, e chiede alla madre di raccontare, una storia, qualunque storia. E lei, impettita sulla sedia rigida, senza mai dormire né allontanarsi, per cinque giorni racconta: della spocchiosa Kathie Nicely e della sfortunata cugina Harriet, della bella Mississippi Mary, povera come un sorcio in sagrestia. Un flusso di parole che placa e incanta, come una fiaba per bambini, come un pettegolezzo fra amiche. La donna è adulta ormai, ha un marito e due figlie sue. Ma fra quelle lenzuola, accudita da un medico dolente e gentile, accarezzata dalla voce della madre, può tornare a osservare il suo passato dalla prospettiva protetta di un letto d'ospedale. Lì la parola rassicura perché avvolge e nasconde. Ma è nel silenzio, nel fiume gelido del non detto, che scorre l'altra storia.




Note Editore

Il ricovero in ospedale per una banale appendicite si protrae oltre il previsto e al capezzale della giovane Lucy Barton, costretta a letto per piú di due mesi, compare come dal nulla la madre che Lucy non vedeva ormai da molti anni. Nella penombra asettica di quella stanza ha inizio un dialogo precipitoso e struggente tra madre e figlia. Interrotta dalle visite di un medico gentile, dall'andirivieni di tre infermiere e dal breve sonno intermittente delle due donne, la conversazione scorre pericolosamente a ritroso sfiorando a tratti nervi scoperti di un passato fatto di miseria, impotenza, tenerezza, vergogne, traumi. È difficile riprendere il filo del discorso, certo, ma è anche la cosa piú stupefacente che Lucy potesse desiderare: sentire la mano di sua madre strizzarle un piede attraverso il lenzuolo e udire la sua voce che racconta. Elizabeth Strout ha abituato i suoi lettori al gusto attento per le storie che, appena accennate, subito si trasformano in promesse di altri possibili romanzi. Mentre seguiamo lo scambio di ricordi e narrazioni tra Lucy e sua madre in ospedale, già sviluppiamo una sorta di nostalgia futura per le vicende dei personaggi che via via incontriamo, dalla sfortunata e ambiziosa Kathie Nicely, al professore artista tanto fiero della sua camicia comperata ai magazzini Bloomingdale's, allo squisito Jeremy, possessore di quegli oggetti «sintomo di un mondo raffinato» che Lucy non si ritiene in grado di capire, fino all'ineffabile, elegante scrittrice Sarah Payne. La vita si costruisce per accumulo di ipotesi, dichiara Lucy Barton, sulle ragioni degli altri, sulle loro insicurezze ed eventuali felicità.

Un pomeriggio, piú o meno tre settimane dopo il mio ricovero in ospedale, voltai lo sguardo dalla fi nestra e vidi mia madre seduta ai piedi del letto.
– Mamma? – dissi.
– Ciao, Lucy, – disse lei. La sua voce mi parve timida, ma inderogabile.
Si chinò e mi strinse un piede attraverso il lenzuolo. – Ciao, Bestiolina, – disse. Non vedevo mia madre da anni, continuavo a fi ssarla, non capivo come mai mi sembrasse tanto cambiata.
– Mamma, come sei arrivata? – le chiesi.
– Oh, ho preso un aereo –. Sventolò le dita e capii che l'emozione era troppa per entrambe. Perciò le risposi anch'io con un cenno delle dita e tornai a coricarmi.
– Vedrai che guarisci, – aggiunse con la stessa voce timida e inderogabile di poco prima. – Non ho fatto nessun sogno.
Che lei fosse lí, che mi chiamasse con quel vezzeggiativo che non sentivo piú da una vita, mi fece sentire dentro il tepore di un liquido caldo, come se tutta la mia tensione fosse stata un grumo solido e adesso non lo fosse piú. Di solito mi svegliavo verso mezzanotte e di lí in poi sonnecchiavo in modo discontinuo, oppure restavo sveglia a fi ssare le luci della città dalla fi nestra. Quella notte invece dormii un sonno fi lato e la mattina mia madre era seduta dove stava il giorno prima. – Non fa niente, – disse, quando le chiesi. – Lo sai che non dormo tanto.
Le infermiere si offrirono di portarle una branda, ma lei scosse la testa. Scuoteva la testa ogni volta che una di loro tornava a proporgliela. Dopo un po' smisero di chiedere. Mia madre rimase con me per cinque notti, e dormí sempre seduta sulla stessa sedia.




Prefazione

La voce di Lucy Barton disegna la mappa imperfetta di un'infanzia da elaborare come un lutto, trova ristoro nel concentrarsi temporaneamente su episodi e vicende di esistenze altrui, e tenta la guarigione attraverso il senso di una meraviglia inestinguibile.

«Ciò che rende Strout davvero eccezionale è il perfetto equilibrio fra le maree della storia e gli abissi del sentimento». The Chicago Tribune

«Quanto poco conosciamo l'altro, quanto strenuamente "ogni persona al mondo s'ingegna per ottenere quello di cui ha bisogno", e la forza redentrice che alberga nelle piccole cose: sono questi i temi di Strout». People




Autore

Elizabeth Strout è nata a Portland, nel Maine, e vive a New York. Con Olive Kitteridge, una raccolta di racconti connessi l'un con l'altro, ha vinto il Premio Pulitzer nel 2009 e il Premio Bancarella nel 2010. In Italia ha pubblicato anche Amy e Isabelle, Resta con me e I ragazzi Burgess, tutti per Fazi Editore. Olive Kitteridge è stato portato sugli schermi televisivi in una fortunata serie con protagonista Frances McDormand.










Altre Informazioni

ISBN:

9788806229689

Condizione: Nuovo
Collana: SUPERCORALLI
Formato: Rilegato
Pagine Arabe: 158
Traduttore: Basso S.


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